Il terremoto di Messina

Mauricius

Mentre gli umani riposano, i ricchi in un tranquillo far niente, i poveri in un sonno fatto di stanchezza e di sfinimento, dalle viscere della terra sale un urlo sinistro. Con convulsioni titaniche, la terra apre abissi giganteschi, scuote il grappolo umano abbarbicato al suo fianco. Con una grandiosa rivolta, si sbarazza dell’uomo parassita, che vive d’essa e per essa.
E tutto ciò che i pigmei costruirono crolla come un castello di carte. Terribile, egualitaria, essa livella le classi fittizie create dagli uomini lamentosi. Il palazzo crolla come la catapecchia, l’opulenza si mischia con la miseria, il padrone lascia la vita fianco a fianco con lo schiavo.
…Il terremoto ha appena distrutto Messina.
E improvvisamente, ecco che i necrofili sorgono…
Ecco, cinici e nauseabondi, i corvi sociali che si abbattono sulle macerie. Ecco, ipocriti e astuti, gli impostori che inviano condoglianze e spargono l’acqua benedetta di una solidarietà paccottiglia.
Re e papi, ministri e speculatori piangono sulla città defunta. Accanto all’articolo sul mantenimento della pena di morte, i giornali riportano “appelli lacrimosi e singhiozzi…a tre soldi il rigo.”
E i semplici sentono sorgere dentro di loro i principi innati della fraternità, seppelliti sotto il peso di cento secoli di lotta implacabile e feroce. Per svegliare gli uomini occorrono scosse violente e brutali […] Occorre che un fenomeno brutale uccida collettivamente perché si elevino i gemiti, perché i cuori degli uomini si commuovano, perché l’attenzione si fermi sulla lotta fratricida e universale.
E ancora, questa emozione non dura che un minuto e svanisce nel Requiescat in pace delle cattedrali.
Gli uomini non comprendono che non vi è cataclisma più mortale della società attuale?
Che non vi sono morti più numerosi di quelli che cadono ogni giorno, vittime della guerra inter-umana, della lotta incessante e senza pietà che è stata denominata con una terribile parola: concorrenza?
Gli uomini non comprendono la responsabilità che hanno in questa ecatombe, visto che sono le loro gesta, cattive, false, inette, che determinano le mostruose organizzazioni che li uccidono?
Gli uomini non comprendono la puerilità delle loro condoglianze, e non cesseranno di essere dei necrofili, degli amici della morte, per venire assieme a noi, a distruggere il macello sociale, per venire insieme a noi, che siamo gli amici della vita?

[L’anarchie, 1909]