Dinamica del genocidio
Robert Jay Lifton
Il genocidio richiede due gruppi di persone: un’élite professionale che formuli il compito dell’uccisione e che sovrintenda ad esso, e uccisori di professione che lo attuino. Già molto tempo prima che le persone che faranno parte di questi gruppi vengano scelte per svolgere tali compiti, esse sono influenzate da quella che può essere chiamata un’atmosfera di genocidio. Pare che nell’aria ci sia un sentore di morte, storie di uccisioni in massa a cui non si crede e al tempo stesso si crede. Diventa una sorta di via di mezzo, qualcosa che si sa e non si sa, o che si fa senza rendersene conto chiaramente, o che si sa e non si fa. È una combinazione di conoscenza e di ottundimento, ma la conoscenza filtra e si fa strada.
Può esserci un periodo di impasse e di confusione – quale si verificò in Germania attorno al marzo 1941 – durante il quale prende forma la dinamica del genocidio. Il progetto di uccisione viene ad essere percepito come l’unica «soluzione» generale di una serie di dilemmi. Iniziative dal basso (fondate su percezioni di ciò che il capo o i capi desiderano) convergono con atteggiamenti, ordini e messaggi indiretti dall’alto, in una sequenza che difficilmente può essere ricondotta a un documento specifico, ma che nondimeno assume una forma definita, viene attuata in modo sistematico e implica un gran numero di persone che lavorano di concerto all’attuazione del programma. Il processo è a un tempo arcano e segreto da un lato e comune e quasi rispettabile dall’altro.
I progetti di genocidio richiedono la partecipazione attiva di professionisti colti – medici, scienziati, ingegneri, capi militari, avvocati, clero, professori di università e altri insegnanti – che uniscano i loro sforzi per creare non solo la tecnologia del genocidio ma gran parte della sua giustificazione ideologica, del suo clima morale e del suo processo organizzativo.
[I medici nazisti]