La via al massacro universale

Emma Goldman

Un testo pubblicato nel 1915, dopo che il presidente degli USA Wilson cambiò parere sull’opportunità di restare neutrale nel conflitto mondiale in corso in Europa, e letto in diverse conferenze sparse in tutto il Paese. Una era prevista la sera del 22 luglio 1916 a San Francisco, dove proprio quel giorno doveva svolgersi la “Preparedness Day Parade” (parata a favore dell’ingresso in guerra degli USA). Alle 14.06 una bomba esplose nella folla facendo strage fra gli spettatori. Poche ore dopo, in una città dove infuriava la caccia al sovversivo, Emma Goldman si presentò comunque all’appuntamento, salì sul palco e senza esitazioni sostenne le sue ragioni contro il militarismo e la guerra.

Fin dall’inizio della conflagrazione europea, quasi tutta l’umanità è stata anestetizzata dalla mortale stretta bellica, inebriata dai vapori di cloroformio impregnato di sangue che ne oscuravano la visione e paralizzavano il cuore. Infatti, ad eccezione di alcune tribù selvagge che nulla sapevano del cristianesimo o dell’amore fraterno, e che non conoscevano nemmeno le corazzate, i sottomarini, le fabbriche di munizioni ed i prestiti di guerra, il resto dell’umanità era sprofondato in una terribile narcosi. La mente umana sembrava interessarsi ad una sola cosa, la speculazione sull’omicidio. Tutta la nostra civiltà, tutta la nostra cultura, concentrate sulla folle richiesta delle più perfezionate armi per il massacro.
«Munizioni! Munizioni! O Signore, tu che regni in cielo e sulla terra, tu Dio dell’amore, della pietà e della giustizia, procuraci abbastanza munizioni per distruggere il nostro nemico!». È questa la preghiera che quotidianamente ascende al cielo cristiano. Proprio come il bestiame che si precipita tra le fiamme, in preda al panico davanti al fuoco, tutti i popoli europei sono piombati uno dopo l’altro nelle fiamme voraci della furia della guerra. Quanto all’America, spinta sull’orlo del baratro da politici senza scrupoli, da farneticanti demagoghi e squali militari, si prepara allo stesso funesto destino.
Di fronte al disastro che si approssima, spetta agli uomini e alle donne non ancora travolti dalla follia bellica levare una voce di protesta, attirare l’attenzione delle persone sui crimini e sulle atrocità che stanno per essere perpetrati contro di loro.
L’America è essenzialmente un crogiolo. Nessun gruppo nazionale da cui è costituita si trova in posizione di poter vantare una purezza di razza superiore, né d’essere detentore di una missione storica particolare o di una cultura più elevata. Eppure, sciovinisti e speculatori guerrafondai non fanno che propalare gli slogan sentimentali del nazionalismo ipocrita: «l’America agli americani», «l’America per prima, per ultima e sempre». Slogan ormai diventati popolari da un capo all’altro del paese. Al fine di salvare l’America, la preparazione militare deve essere realizzata, costi quel che costi. Un milione di dollari prelevati dal sudore e dal sangue del popolo saranno spesi in corazzate e sottomarini per l’esercito e la marina, il tutto per proteggere la prestigiosa America.
Quei discorsi pieni di pathos celano il fatto che l’America da proteggere da una massiccia forza militare non è l’America del popolo, bensì quella dei privilegiati, della classe che deruba e sfrutta le masse controllandone l’esistenza dalla culla fino alla tomba. Non meno patetico è che così poche persone si rendano conto che la preparazione militare non conduce mai alla pace, ma direttamente al massacro universale.
Con gli ingannevoli metodi utilizzati da diplomatici mestatori e dalle cricche a capo dell’esercito tedesco per imporre il militarismo prussiano ai popoli dei loro paesi, i circoli bellici americani con i loro Roosevelt, i Garrison, i Daniels e per ultimo i Wilson, stanno smuovendo mari e monti per schiacciare il popolo americano sotto il tallone di ferro del militarismo. Se ci riusciranno, scaraventeranno l’America nella tempesta di sangue e lacrime che già devasta l’Europa.
Quarant’anni fa, la Germania intonava gli stessi slogan: «La Germania sopra ogni cosa. La Germania ai tedeschi, per prima, per ultima e sempre. Vogliamo la pace, quindi dobbiamo prepararci alla guerra. Solo una nazione ben armata e ben preparata può mantenere la pace, può esigere rispetto, può essere sicura di preservare la propria integrità nazionale». E la Germania ha continuato a prepararsi alla guerra, costringendo così le altre nazioni a fare altrettanto. La terribile guerra europea odierna non è che il prodotto finale del mantra dell’idra dalle molte teste – la preparazione militare.
Dall’inizio di questa guerra, sono stati utilizzati chilometri di carta e versati oceani di inchiostro per dimostrare la barbarie, la crudeltà e l’oppressione del militarismo prussiano. All’unisono, conservatori e socialisti stanno sostenendo gli Alleati al solo scopo di schiacciare quel militarismo che, così dicono, impedisce ogni pace e progresso in Europa. E benché l’America si sia arricchita producendo tonnellate di munizioni e prestando denaro agli Alleati per aiutarli a schiacciare i prussiani, ora quegli stessi slogan echeggiano in America. Se costoro intraprenderanno una mobilitazione nazionale, costruiranno un militarismo americano ben più terribile di quanto possa esserlo quello tedesco o prussiano. E questo perché in nessuna parte del mondo il capitalismo è diventato così sfacciatamente avido come negli Stati Uniti, e lo Stato è disposto ad inginocchiarsi ai piedi del Capitale.
L’ondata di follia dilaga nel paese come un’epidemia, infestando le menti più lucide e i cuori più impavidi col micidiale germe del militarismo. Le Leghe di difesa della sicurezza nazionale hanno come emblema un cannone, le sezioni della Lega Navale sono sparpagliate in tutto il paese, dirette da donne che si vantano di appartenere al «gentil sesso», donne che danno la vita nella sofferenza e nel pericolo eppure sono pronte a sacrificare la propria progenie al Moloch della Guerra. Le società per l’americanizzazione, i cui membri sono noti liberali che fino a ieri denunciavano l’idiozia patriottica, oggi si prestano a confondere la mente delle persone aiutando a costruire in America quelle stesse forze di distruzione che direttamente e indirettamente cercano di distruggere in Germania – il militarismo falcia la gioventù, stupra le donne, stermina la migliore umanità, annienta la vita stessa.
Anche Woodrow Wilson – che fino a poco tempo fa sosteneva che «una nazione è troppo orgogliosa per combattere»; che all’inizio della guerra ordinava di pregare per la pace; che nei suoi discorsi parlava della necessità di attendere con prudenza – è rientrato nei ranghi, raggiungendo i suoi colleghi ultra-sciovinisti, facendo eco ai loro appelli di avviare la preparazione militare ed ai loro ululati sulla «America agli americani». La differenza tra Wilson e Roosevelt è presto detta. Roosevelt, un bullo nato, usa il manganello. Wilson, lo storico, il professore, indossa l’educata maschera dell’accademico, ma sotto quella maschera, come Roosevelt, ha un solo obiettivo – servire gli interessi del grande capitale, favorendo coloro che stanno diventando straordinariamente ricchi grazie alla produzione militare.
Woodrow Wilson, nel suo discorso alle Figlie della Rivoluzione Americana, si è smascherato quando ha detto: «Preferirei essere malmenato che messo all’indice». In effetti, ostacolare i produttori di armi e munizioni, i Bethlehem, i Du Pont, i Baldwin, i Remington e gli altri Winchester, conduce all’ostracismo e alla morte politica. Wilson lo sa, quindi tradisce la sua posizione originale, si rimangia la retorica del «troppo orgoglioso per combattere» e grida a squarciagola, come qualsiasi altro squallido politico favorevole alla preparazione militare e alla gloria nazionale, la stupida promessa solenne che le donne della Lega Navale vogliono imporre in ogni scuola: «Mi impegno a fare tutto ciò che è in mio potere per servire gli interessi del mio paese, sostenere le sue istituzioni e difendere l’onore del suo nome e della sua bandiera. Poiché devo tutto al mio paese, dedicherò il mio cuore, il mio spirito e il mio corpo al suo servizio e prometto di lavorare al suo progresso e alla sua sicurezza in tempo di pace. Mi impegno a non esitare davanti ad alcun sacrificio o privazione per la sua causa se fossi chiamato ad agire per difendere la libertà, la pace e la felicità del nostro popolo».
Difendere le istituzioni del nostro paese significa difendere le istituzioni che proteggono e sostengono un pugno di persone che derubano e saccheggiano le masse; le istituzioni che succhiano il sangue dei nativi come quello degli stranieri, trasformandolo in ricchezza e potere; le istituzioni che spogliano l’immigrato di ogni sua originalità dandogli in cambio un dozzinale americanismo la cui gloria consiste nella mediocrità e nell’arroganza.
Coloro che proclamano con accanimento «Prima l’America!» hanno da molto tempo tradito i principi fondamentali dei valori americani, quelli che Jefferson aveva in mente nel dichiarare che il miglior governo è quello che governa meno; quelli per cui lottava David Thoreau quando proclamò che il migliore governo è quello che non governa affatto; o quelli di tutti i grandi americani che volevano fare di questo paese un rifugio paradisiaco, nella speranza che i diseredati e gli oppressi che vi fossero approdati potessero apportargli un po’ più di personalità, di qualità e di senso. Non era quella l’America dei politici e degli speculatori dell’industria bellica. La loro America è stata potentemente rappresentata da un giovane scultore di New York: una mano crudele dalle lunghe dita sottili e spietate che schiacciano la testa di un immigrato, facendo colare il sangue per ricavarne dollari e dando invece all’immigrato speranze infrante e vane aspirazioni.
Non v’è dubbio che Woodrow Wilson abbia ragione a difendere queste istituzioni. Ma quale ideale offrire alle nuove generazioni! Come si fa ad addestrare ed istruire militarmente un popolo a difendere la libertà, la pace e la felicità? Ecco cos’ha da dire il general-maggiore O’Ryan a proposito di una generazione militarmente addestrata: «Il soldato dev’essere addestrato fino a diventare un semplice automa; dev’essere talmente addestrato da distruggere l’iniziativa individuale; talmente addestrato da essere trasformato in macchina. Il soldato dev’essere costretto al cappio militare, dev’essere stimolato, guidato dai superiori con la pistola in pugno».
Questo discorso non è stato pronunciato da un junker prussiano, né da un barbaro tedesco, né da Treitschke o da Bernhardi, ma da un general-maggiore americano. E con una ragione. Non si può fare una guerra con uomini uguali, non si può ottenere il militarismo con uomini nati liberi. Bisogna avere a propria disposizione schiavi, automi, macchine, creature obbedienti e disciplinate, che si muovano, agiscano, sparino e uccidano agli ordini dei loro superiori. Questa è la preparazione militare, nient’altro.
Sembra che tra gli oratori che hanno parlato davanti alla Navy League ci fosse Samuel Gompers. Se questo è vero, allora si tratta del più grande oltraggio mai inferto al movimento operaio da uno dei suoi dirigenti. La preparazione militare non è diretta solo contro il nemico esterno, prende di mira soprattutto quello interno. Riguarda quegli elementi del movimento operaio che hanno imparato a non sperare nulla dalle nostre istituzioni, quei lavoratori consapevoli che hanno capito che la guerra di classe è alla base di tutte le guerre tra nazioni, e che se esiste una guerra giustificata è la guerra contro la dipendenza economica e la schiavitù politica, le due principali questioni che interessano la lotta di classe.
Il militarismo ha già svolto il suo ruolo sanguinario in qualsiasi conflitto economico, con l’approvazione e il sostegno dello Stato. Dov’era la protesta di Washington quando «i nostri uomini, le nostre donne e i nostri figli» venivano uccisi a Ludlow? Dov’era la virulenta protesta espressa nella nota indirizzata alla Germania? O forse esiste una differenza tra uccidere «i nostri uomini, le nostre donne e i nostri figli» a Ludlow, e farlo in alto mare? Sì, è proprio così. Gli uomini, le donne ed i bambini di Ludlow erano lavoratori, erano i diseredati della terra, stranieri a cui bisognava dare un assaggio degli splendori dell’americanismo, mentre i passeggeri del Lusitania rappresentavano la ricchezza e il rango sociale – è questa la differenza.
La preparazione militare, allora, non farà altro che rafforzare il potere di una minoranza privilegiata, aiutandola a dominare, schiavizzare e schiacciare il movimento operaio. Gompers deve saperlo di sicuro e se si è unito agli ululati della cricca militare dev’essere condannato come traditore della causa operaia.
Così come accade per tutte le altre istituzioni della nostra esistenza caotica, presumibilmente create per il bene del popolo e che hanno portato a risultati opposti, lo stesso accadrà con la preparazione militare. In teoria l’America si sta preparando per la pace, ma in realtà la preparazione militare provocherà la guerra. È sempre stato così in tutta la sanguinosa storia dell’umanità, e continuerà così fin quando ogni nazione non si rifiuterà di combattere contro un’altra nazione, finché i popoli del mondo non smetteranno di prepararsi al massacro. La preparazione militare è come il seme di una pianta velenosa: una volta piantata nel terreno, non può dare che frutti avvelenati. La distruzione di massa in Europa è il frutto di questo seme velenoso. Bisogna assolutamente che i lavoratori americani se ne rendano conto prima di venire scaraventati da discorsi sciovinisti nella follia bellica sempre ossessionata dallo spettro del pericolo e dell’invasione. Essi devono sapere che prepararsi per la pace significa incitare alla guerra, significa scatenare la furia della morte sulla terra e sui mari.
Ad aver portato le masse europee nelle trincee e sui campi di battaglia non è stato il loro innato desiderio di fare la guerra; il motivo va ricercato nella spietata competizione per equipaggiamenti militari, per eserciti più efficienti, per navi da guerra più grandi, per cannoni più potenti. Non si costruisce un esercito per poi chiuderlo in una scatola come si fa coi soldatini. Gli eserciti armati fino ai denti con sofisticati strumenti omicidi, e sostenuti dai loro interessi militari, possiedono una propria dinamica. Dobbiamo quindi esaminare la natura del militarismo per comprendere l’ovvietà di questa contesa.
Il militarismo consuma gli elementi più sani e produttivi di ogni nazione. Fagocita la maggior parte del reddito nazionale. Quasi nulla viene speso per l’insegnamento, l’arte, la letteratura e la scienza, in confronto alle considerevoli somme destinate agli armamenti in tempo di pace, mentre in tempi di guerra tutto il resto non ha importanza; ogni vita ristagna, tutti gli sforzi sono bloccati; il sudore e il sangue delle masse sono usati per nutrire l’insaziabile mostro del militarismo, il quale diventa sempre più arrogante, più aggressivo, più infarcito della sua importanza. Se non per altro, il militarismo ha costantemente bisogno di energia supplementare per sopravvivere; quindi cerca sempre un nemico o ne crea uno artificialmente. Nei suoi scopi e metodi civilizzati, viene sostenuto dallo Stato, protetto da leggi nazionali, incoraggiato da genitori e insegnanti, glorificato dall’opinione pubblica. In altri termini, la funzione del militarismo è di uccidere. Può vivere solo grazie all’omicidio.
Ma il fattore dominante della preparazione militare, quello che conduce inevitabilmente alla guerra, è la creazione di gruppi d’interesse che lavorano scientemente e deliberatamente ad aumentare la produzione di armi, i cui progetti sono favoriti dalla creazione dell’isteria bellica. Questa lobby include tutti coloro che sono coinvolti nella produzione e vendita di munizioni e di attrezzature militari, per ottenere guadagni e profitti personali. Prendiamo ad esempio il caso della famiglia Krupp, proprietaria della più grande fabbrica di munizioni per cannoni del mondo; la sua sinistra influenza in Germania, e di fatto in molti altri paesi, si estende alla stampa, alla scuola, alla Chiesa e alle più alte cariche dello Stato. Poco prima della guerra, Karl Liebknecht, il solo uomo politico coraggioso oggi in Germania, attirò l’attenzione del Reichstag sul fatto che la famiglia Krupp aveva al proprio servizio ufficiali di alto grado nell’esercito, non solo in Germania, ma anche in Francia e in altri paesi. I suoi emissari erano al lavoro dappertutto, incitando sistematicamente odi e antagonismi nazionali. La stessa inchiesta ha portato alla luce un trust internazionale specializzato nella produzione di armamenti, a cui non importa nulla del patriottismo o dell’amore per il popolo, benché utilizzi entrambi questi sentimenti per incitare alla guerra e intascare milioni di profitti nell’ambito di questo orribile mercato.
Non è affatto improbabile che un giorno gli storici della guerra odierna scoprano che questo trust internazionale dell’omicidio è all’origine del conflitto mondiale in corso. Ma è sempre necessario che una generazione attraversi oceani di sangue e costruisca montagne di cadaveri affinché la generazione successiva possa ricavarne un briciolo di verità? Non possiamo approfittare oggi di quanto ha portato alla guerra europea, non possiamo imparare che è la preparazione militare la causa della guerra, al termine di una preparazione approfondita ed efficace da parte della Germania e di altri paesi che hanno cercato di rafforzare i propri eserciti e ottenere profitti materiali? E soprattutto, come si fa a non capire che la preparazione militare in America deve condurre e condurrà al medesimo risultato, alla stessa barbarie, allo stesso assurdo sacrificio della vita? Se l’America imbocca questa strada, ciò non recherà profitto solo alle cricche militari e ai Krupp americani? Pare sia proprio così, a sentire le grida scioviniste della stampa, le roboanti e sanguinarie sparate del bullo Roosevelt, la solfa sentimentale del nostro accademico Presidente.
Per coloro a cui è rimasta ancora una scintilla di libertà e di umanità, un’ulteriore ragione per protestare contro un crimine gigantesco, contro le atrocità che si stanno ora preparando e che sono imposte al popolo americano. Non è sufficiente proclamare di essere neutrali; una neutralità che da un occhio versa lacrime di coccodrillo e tiene l’altro incollato sui profitti ricavabili dalle forniture militari e dai prestiti di guerra non è neutralità. È un ipocrita mantello che serve a coprire i crimini dei paesi. Né basta unirsi ai pacifisti borghesi che proclamano la pace tra le nazioni, mentre intanto contribuiscono a perpetuare la guerra tra le classi, una guerra che di fatto sta alla base di tutte le altre guerre.
È sulla guerra di classe che dovremmo concentrarci, e sulla conseguente guerra ai falsi valori, alle istituzioni malvagie e a tutte le atrocità sociali. Coloro che sono favorevoli alla necessità vitale di coordinarsi in grandi lotte devono opporsi alla preparazione militare imposta dallo Stato e dal capitalismo per la distruzione delle masse. Devono organizzare la preparazione delle masse per il rovesciamento sia del capitalismo che dello Stato. Una preparazione industriale ed economica – ecco di cosa hanno bisogno i lavoratori. Solo questo porta alla rivoluzione della base e contro la distruzione di massa pianificata dai vertici. Solo questo porta ad un autentico internazionalismo operaio contro gli imperi, le monarchie, le diplomazie, le cricche militari e le burocrazie. Solo questo darà alle persone i mezzi per far uscire i propri bambini dai ghetti, dai laboratori insalubri e dai cotonifici. Solo questo permetterà di insegnare alla prossima generazione un nuovo ideale di fraternità, di insegnar loro a giocare, cantare e apprezzare la bellezza, per farli diventare donne e uomini, non automi. Solo questo consentirà alle donne d’essere davvero madri dell’umanità, generando uomini che creano e non soldati che distruggono. Solo questa preparazione condurrà alla libertà economica e sociale e metterà fine a tutte le guerre, a tutti i crimini e a tutte le ingiustizie.

[Mother Earth, Vol X, n. 10, dicembre 1915]