Difendere la devastazione

La sera del 13 Giugno, a Piombino, viene speronata un’imbarcazione della SNAM impegnata a fare i sopralluoghi per l’arrivo del rigassificatore. Lavoratori del porto e del settore ittico sono stati riconosciuti sul natante che, a bassa velocità, ha colpito quello dei tecnici del gas. Dopo qualche giorno un corteo di 2000 persone sfila in città con il sindaco in testa.
Nell’ultimo mese e mezzo, a Pisa, si sono accesi diversi fuochi di “rivolta” contro la costruzione di una base militare nel parco naturale di San Rossore. Un corteo agreste sfila in campagna con il futuro candidato sindaco in testa.
Qualcosa di stimolante, finalmente! Ecco che si riaccende la conflittualità sociale! Ecco che dopo tante invocazioni riappare all’orizzonte il desiderio di lottare per proteggere il mondo dalla devastazione capitalistica. Una nuova speranza?
E invece no, purtroppo, niente di tutto ciò si palesa di fronte a noi.
Piuttosto balena la parzialità di queste opposizioni che rivelano soltanto l’intenzione di voler tutelare la devastazione presente. Devastazione ecologica ma anche sociale. Perché l’autorità e le gerarchie non sono meno dannose delle emissioni industriali. Su questo sono concordi, gli organizzatori: «L’attuale normalità è ciò che deve proseguire indisturbatamente. Ad ogni costo. Noi ne vorremmo essere i futuri garanti al posto degli attuali».
E perché mai un giudizio così critico? Non è forse che a poco a poco si esce dalla logica presente per scoprire a piccoli passi come le rivendicazioni consegnate al potere si possano infine radicalizzare con e nella lotta? Ebbene no, queste sono solo fandonie, merletti e abbellimenti innalzati a nascondere la propria complicità da parte di coloro che vogliono soltanto subentrare nell’amministrazione del massacro. Ma andiamo con ordine.
Il mare è visto come una risorsa da sfruttare tanto dai pescatori che dai geologi. Gli uni lo mettono a profitto con i loro impianti di itticoltura, inquinando e costringendo ad una vita infernale migliaia di esseri viventi, i secondi lo vedono come un parcheggio ed una discarica per gli scarti del rigassificatore galleggiante.
Dov’è il desiderio che deraglia dalle logiche dominanti che alimentano il circostante? Che alterità esiste tra queste due visioni del mondo? È forse una lotta che prova ad assaporare un briciolo di libertà? O semplicemente si questiona intorno a chi abbia il diritto di distruggere?
Il Parco naturale nei dintorni di Pisa. Sì, lo stesso che confina con gli stabilimenti ENI, l’arsenale americano di Camp Darby, l’aeroporto militare. Un Movimento di opposizione pronto a tacere sulla guerra presente, sulle complicità dislocate sul territorio, sulle responsabilità della politica locale e dell’amministrazione del Parco stesso nel recente abbattimento di alberi per l’ampliamento della ferrovia e del canale che conduce le armi alla base americana. Eppure solerte nel rimarcare la distanza con chi scrive sui muri.
Dov’è la rabbia che non si fa imbrigliare dalla politica e dalle campagne elettorali (cittadine e di Movimento)? Dov’è la presa di coscienza che contro la guerra e contro la pace non ci sia null’altro che la rivolta a portare una possibilità di emancipazione? Tutti teatrini, calcoli probabilistici di consenso e profittabilità della lotta. Esporsi quando vi è la possibilità di trarne profitto. Anche qui, come prima, semplicemente viene contesa una carcassa maleodorante chiamata popolo quando prima era chiamata mare.
A Pisa il brandello di carne putrida che gli spazzini cercano tra il biancore delle ossa è il tornaconto politico. A Piombino il tornaconto è economico.
Perché illudersi ancora di poter intervenire in questi Movimenti? Non viene da porsi il dubbio che, invece, un nettare avvelenato bagna le labbra di chi si abbevera a quella fonte?
Una nuova fantasia, una nuova tensione, una nuova immaginazione organizzativa, un nuovo sguardo sulle ramificazioni del nemico.
Ecco ciò che non troveremo mai nelle assemblee dell’ennesimo “Movimento”. E non lo troveremo perché tutto ciò, in realtà, possiamo cercarlo solo dentro di noi e nella nostra capacità di esplorare continuamente innumerevoli percorsi di affinità.
Perché la lotta alla guerra non è il Movimento contro la guerra. La lotta alla devastazione ambientale non è il Movimento contro la devastazione ambientale.
Sembra banale ma non lo è.