Fasci di riflessi condizionati

Leo Löwenthal

La disumanizzazione messa in atto dal terrore consiste anzitutto nell’integrare completamente la popolazione in collettivi che paralizzano qualsiasi comunicazione tra gli esseri umani, nonostante, o meglio, proprio a causa dell’enorme apparato di comunicazione del quale sono in balìa. Adesso aggiungerei che in questo processo psicologico di massa un meccanismo importante dev’essere stato il rogo dei libri. In una situazione di terrore il singolo è sempre solo e non è mai solo. S’intorpidisce e diventa insensibile non soltanto nei rapporti con gli altri, ma anche in relazione a se stesso. La paura gli toglie la capacità di reazioni emotive e conoscitive spontanee. Lo stesso atto del pensiero si traduce in stupidità; è pericoloso per la sopravvivenza. Sarebbe da stupidi non essere stupidi e perciò l’intera popolazione terrorizzata è colta da istupidimento generale. Gli uomini cadono in uno stato di torpore e ottusità simile a un coma morale. Certo, la trasformazione di un uomo da individuo, la cui essenza è costituita dalla continuità di esperienze e ricordi, a semplice fascio di reazioni frammentate ha avuto conseguenze più profonde tra le vittime inermi in stato di detenzione che non tra la popolazione «libera». Ma, in fondo, la differenza è solo di grado. La vita diventa per tutti una catena di shock attesi, subiti, oppure evitati, e queste teoria di esperienze intermittenti conduce alla frammentazione dell’individuo. In una società terroristica, nella quale tutto è pianificato con la massima cura, il piano consiste per gli individui nel fatto che per loro non c’è, né ci dovrà mai essere alcun piano. L’uomo è ridotto a un mero oggetto, a un fascio di riflessi condizionati, con i quali impara a reagire a innumerevoli shock manipolati e calcolati.

[I roghi dei libri, giugno 1983]