Il secolo in faccia
Terra muta e sterile. È della nostra che parlo. L’udito misura attraverso i continenti il pauroso silenzio dell’essere umano, sovrastato dal suo fragoroso funzionamento. Si sente solo lo stridio dell’acciaio, il fruscio del denaro, il cigolio delle poltrone. Inutile restare immobili in ascolto. Niente desideri. Niente sogni. Nessuna poesia, quella vera, balzo dell’essere umano al di là del mondo circostante.
No, ogni slancio è negato a chi si trova inchiodato alla Civiltà, con la sua scienza, le sue macchine, la sua politica. Una morte più spaventosa della morte in cui i vivi vanno alla deriva, alla disperata ricerca di un altrove che non c’è. Invano su questa terra la nostra mano semina. Niente desideri. Niente sogni. Nessuna poesia. Non un germe, né un germoglio. Piuttosto l’orribile lebbra delle contraffazioni, delle manipolazioni, delle mistificazioni. Dittatura dell’algoritmo.
In verità, terra sterile e muta… È della nostra che parlo, devastata da secolari assalti che mirano ad assimilare, ad integrare ogni essere umano nel quadro normativo dello Stato. Coscienze plasmate e modellate secondo i valori e le verità dei padroni. Anime imbottite di sentimenti autoritari, di moralità autoritaria, di cultura autoritaria, di pregiudizi autoritari. Corpi emananti da ogni atto e parola l’essenza del mondo che li circonda. Addestrati a negare le proprie aspirazioni, le proprie passioni selvagge, il proprio modo singolare di reagire all’amore e alla morte. Ridotti a sopravvivere all’ombra di un’istituzione: come cittadini, clienti, utenti, consumatori… Ovunque si guardi, il deserto avanza. Uno dopo l’altro, i focolai vanno estinguendosi. Ma ogni disperazione non è troppa per guardare in faccia il secolo!
«È ora urgente avere l’ardire di conoscere se stessi, osare confessare a se stessi che cosa si è, avere il coraggio di domandarsi che cosa si vuole essere».