ALL’EPOCA
Dormienti all’epoca,
disegnatori di cornici
nel quadro non vi è nulla.
Nel profondo dell’origine,
le radici del cuore.
Esauriti,
il brusio democratico
e il silenzio insurrezionale:
leggerezza.
Luce che aggroviglia ciò che è nascosto,
ritagli di vocaboli si fanno piccoli
nei ciuffi della sterpaglia.
Il sentiero,
finalmente amabilmente aspro,
conduce all’infanzia delle ombre.
PALPEBRA
Chiudo gli occhi e apro libri,
vedo giardini
che stanno sulle desolate lande
fiuto innamoramenti
che fanno andare alla deriva,
epoche danzanti di strani animali,
mondi sospesi.
L’emergere del meraviglioso
dal capriccio di una palpebra,
dall’inaudito del pensiero,
dalla bellezza seduta accanto,
dall’odio infinito
come dall’amare senza riserve.
INCONTROLLABILE
Bramoso di serbare una zona franca,
campo libero all’inaccessibile,
all’irreparabile e dei suoi soli
lascio scorrere nelle vene
la bizzarra fantasia dell’incerto.
Non attardarti ad aspettarmi
nel burrone dei risultati,
ostile ad ogni calcolo
boicotto ogni indole al lavoro.
Che si abbatta una tempesta malefica,
che frantumi la triste esistenza,
sacrilegi incendiano ogni credenza
rovesci da tumultuosa poetica.
TENTAZIONE SINGOLARE
La quiete degli eventi:
oblio
che attende di essere
messo a fuoco.
In collera, non contente dell’estetica
nel sogno, per non piegarsi ai doveri
in cerca di abisso,
per non affogare nella miserabile finitudine.
Altrove, irriducibili ad ogni imperativo
per accarezzare l’ebbrezza della vita.
Distanza, per far festa fra Unici
diserzione, lontani dai bigotti riconoscimenti sociali.
Sfidare i demoni è una tentazione singolare,
sibillina, inappropriata e indecente.
Ode agli avvenimenti sconosciuti,
al gergo impensato,
agli incontri fatali,
dove l’utopia si ammutina all’esistente.
Lasciate ogni realismo,
o voi che leggete.
E che venga il finimondo!
RIPETIZIONE
In ogni anfratto,
altri versi di un’ossessione
beffarda finezza senza forze.
Tutto è mesto
dalle bucce ai legacci,
fino ai mattoni di miseria.
Edificati nell’aria,
fondi di racconti,
filtrano,
canne d’organo e cotone
per nasconderci
e rimanere in silenzio.
Altoparlanti digitali
organizzano il vuoto,
codificano in dati i tuoi desideri.
Tripudio di ricordi
nulla contro i parafulmini.
Le cisterne del sonno ragionevole
sotterrano le scritture mutilate
da macchine,
amate a piccole dosi.
Il cingolato,
metronomo di gracili esseri,
tutti appollaiati su pietre di sangue,
gentilmente donate da freschi algoritmi.
Scacchiera distorta,
un cunicolo parallelo
dove nessuno si incontra,
ostentazione d’ariete,
imita il finito in vestaglia
mani e piedi
ben radicati sui laboratori.
In onda, sempre consigli
maldestramente ortopedici
per scalare le vette
della metafisica virtuale
estremamente reale.
Mai come ora
lo spazio di versi scapigliati
può esser concepito,
con maggior fierezza.
Immensa palla oscura,
alle stelle,
delle efferatezze,
punti in fuga del pensar,
unico specchio in cui è possibile
riconoscere l’unicità di se stessi.