Dov’è la guerra?
Ad oltre 2.500 chilometri di distanza, si dirà, in quell’Ucraina dove è in corso un’invasione brutta e cattiva che in un anno ha provocato circa 8.000 morti fra i civili bombardati per altro da entrambe le parti (a differenza dell’invasione bella e buona dell’Iraq nel 2003, che soltanto il primo anno causò 13.000 morti fra civili bombardati dai soli eserciti invasori). Ma ne siamo proprio sicuri, oppure si tratta di una delle tante illusioni necessarie per meglio continuare a tirare a campare?
Ebbene, al di là delle Alpi questa illusione è appena finita. Se il 22 novembre 1963 è il giorno in cui gli Stati Uniti persero la loro innocenza a Dallas, allora si può star certi che il 25 marzo 2023 verrà ricordato da molti francesi come il giorno in cui hanno perduto la propria di innocenza a Sainte-Soline. In fondo, un presidente di Stato è consapevole di correre il rischio di venire assassinato. Ma pensare d’essere letteralmente massacrati mentre si sta manifestando in aperta campagna, in mezzo al nulla?..
Quella che riportiamo è la testimonianza di una dottoressa presente alla manifestazione avvenuta lo scorso sabato nel dipartimento di Deux-Sèvres:
Ieri ero a Sainte-Soline. E dalla Zad di Notre-Dame-Des-Landes non avevo mai visto un tale livello di carneficina.
Già, si smetterà di parlare di semplici gas lacrimogeni: sui manifestanti sono state lanciate granate GM2L (un soffio, una detonazione e sparano schegge) e flash-ball (LBD). Queste armi hanno provocato molti feriti. Ne sono stati contati più di 200.
Fin dall’inizio della manifestazione mi sono presa cura delle persone ferite, una delle quali priva di sensi. Nei pochi minuti di tempo necessari per portarla lontano dalla manifestazione, ho visto un’intera strada disseminata di persone stese a terra, portate lì per essere evacuate: volti insanguinati, ferite profonde, una frattura esposta, un occhio esploso, un trauma spinale, una frattura cranica, persone svenute, persone in lacrime… non ho mai visto una cosa simile, era un campo di battaglia.
In questa atmosfera di guerra, c’era un solo veicolo per trasportare le persone alla stazione delle ambulanze che non potevano intervenire sul posto. Per di più, il Pronto Soccorso diceva al telefono di non riuscire a superare lo sbarramento delle forze dell’ordine, mentre stava cercando di trasportare una persona in gravi condizioni. C’erano in particolare 5 persone prive di sensi con ferite alla testa. È stato necessario “selezionare” le persone da evacuare. Al telefono, l’operatore del Pronto Soccorso si dichiarava impotente. Ad un certo punto, sì, sopraffatta dalla situazione mi sono salite le lacrime.
Oggi sappiamo che S., una delle persone ferite alla testa, è stata ammessa in terapia intensiva e che la sua prognosi vitale è sempre riservata. Resto segnata da un manifestante molto giovane, con l’occhio innegabilmente cavato, che mi supplicava di dirgli che non avrebbe perso il suo occhio.
Sono tornata scioccata, spezzata da questa manifestazione dove, nonostante tutto, la massiccia mobilitazione contro la privatizzazione dell’acqua grazie ai mega-bacini è stata una vittoria.
Degli oltre 200 feriti, 40 sono gravi e 2 sono in coma. In un’ora e mezza le forze dell’ordine francesi hanno sparato 4.000 proiettili contro i manifestanti giunti per protestare contro la costruzione di un mega-bacino d’acqua. Più di 3.000 agenti armati di tutto punto sono stati schierati per… per… già, per cosa? Non c’è nulla da proteggere in quella campagna, dove non c’è nessun cantiere ma solo un enorme cratere vuoto. I manifestanti non potevano danneggiare nulla, imbrattare nulla, vandalizzare nulla. E allora? Allora, considerato l’annuncio rilasciato alla vigilia della manifestazione dal ministro degli interni Gérald Darmanin a CNews («vedremo immagini estremamente dure»), pensando alle confidenze di un comandante di un reparto di CRS raccolte pochi giorni prima da Mediapart («temo che uno dei miei ragazzi ucciderà un manifestante»), diventa chiaro quale fosse il compito delle forze dell’ordine: massacrare i manifestanti. Il contesto bucolico ha reso tutto più facile, nessuna possibilità di equivoco, nessuna possibilità di scampo.
La carneficina avvenuta a Sainte-Soline è stata dunque deliberata ed intenzionale, è l’estremo monito lanciato dallo Stato francese contro chi sta scendendo in strada in tutto il Paese per protestare contro le politiche del governo (si tratti di una riforma delle pensioni, o della costruzione di una grande opera come un mega-bacino). Non potendo attaccare un milione di manifestanti in mezzo alle strade di molte città, ne ha braccato alcune migliaia in mezzo alle distese verdi di una campagna.
Come già annotava Machiavelli, «E hassi ad intendere questo, che un Principe, e massime un Principe nuovo, non può osservare tutte quelle cose, per le quali gli uomini sono tenuti buoni, essendo spesso necessitato, per mantenere lo Stato, operare contro alla umanità». Tutto è lecito al Principe pur di mantenere lo Stato, tutto. Stracciare le regole formali della democrazia come fare a pezzi i contestatori, mutilarne alcuni per terrorizzarne molti.
Ma che la guerra non sia soltanto in Ucraina, che la guerra sia ovunque, non ne è consapevole solo lo Stato francese. Meno di 48 ore dopo il massacro di Sainte-Soline, a Beauchastel (Ardèche), l’industria Fregate Aero legata alla produzione bellica è stata invasa dal fumo. Colpa dell’incendio sviluppatosi in due punti, appiccato con ogni probabilità dalle stesse mani che hanno vergato su un muro della struttura la scritta Nelle retrovie della guerra, fabbriche comuni. Solo l’immediato intervento dei pompieri ha impedito che le fiamme divampassero in tutto il complesso industriale. Si tratta dell’ennesimo atto di sabotaggio avvenuto nell’ultimo periodo in un Paese che, tra assalti singolari e sollevamenti collettivi, sta diventando una polveriera in attesa dell’ultima scintilla.
La beata e beota innocenza è morta. La guerra è qui, in tutti i sensi.