Su il sipario
Benjamin Fondane
Ah, certo, la rivoluzione era solo una speranza, ma avevamo davvero bisogno di speranza. È bello morire con una speranza nel cuore. Ora la prospettiva è cambiata. Moriremo senza speranza. La merda ha solo cambiato nome. Le parole hanno fatto il loro tempo. Chi pagherà per questo meraviglioso spettacolo? Ma noi, per dio! Siamo noi i futuri cadaveri, signori! Noi, i prossimi asfissiati. Noi, la carne da cannone. Noi, che abbiamo voluto, proclamato, gridato, cantato: la Politica innanzitutto! Ce ne hanno data di politica, da gridare pietà! E mentre intorno a noi si faceva politica, nel nostro nome, noi ci occupavamo delle nostre piccole faccende. Dopo tutto è bello dormire il fine settimana, scrivere contro Dio, andare al bordello, sì, tutto ciò è bello e ne abbiamo un diritto imprescindibile. I diritti dell’Uomo, che altro! Abbiamo fatto a pezzi le tavole della vecchia legge morale, quella che decretava che l’uomo è un animale stupido, orgoglioso, imperdonabile! Che abbia dovuto commettere chissà quale spaventoso peccato, vi sorprende? Non c’è peccato che l’uomo non abbia commesso fin dalla notte dei tempi, che non si appresti ancora a commettere. E di certo il suo primo peccato, il suo peccatuccio, è sostenere di non aver mai commesso peccato. La Politica innanzitutto! Dell’uomo ci occuperemo dopo.
Può darsi che l’uomo non sia perfettibile. Che sia un eterno bastardo. Che sia lo scandalo di questa esistenza, scandalo e disgusto. Che sia del tutto inutile soffermarsi sul suo perfezionamento. Ma allora, mettiamo una croce su ogni cosa. Una croce sulla pace, sulla felicità, sul futuro. Una croce sulla vita. Con un siffatto uomo, non c’è niente da fare. Niente da sperare, niente da prevedere. Niente da imbastirvi sopra. Faremo le spese della prossima guerra, beninteso. Colmeremo le lacune dello Spirito di Hegel. Della dialettica di Marx. E non parlo degli organetti di Mussolini, di Hitler. Per strada, in metropolitana, nei cinema di quartiere, già vi vedo, cemento delle future fosse comuni, uomini! Già vi vedo futuri mutilati di guerra. Già vi vedo, futuri portinai dei Ministeri, futuri deputati ciechi. Rallegratevi finché potete. La scala del tempo gronda già di cadaveri. Io, voi, tutti quanti. L’orchestra è già lì, ad accordare i suoi strumenti. Si approntano le luci. Si appuntano gli abiti. E già la Cécile Sorel della morte, l’orribile strega di un’epoca passata che noi adoriamo, perché amiamo il marciume, si appresta a scendere dalla scala, quella del Tempo, quella che riempiamo con la nostra carne, vi dico che sta per scendere e chiedere davanti al vuoto universale, in fondo alla monumentale scala del nulla: L’ho scesa bene?
[Le Cahier bleu, n. 6, 22 dicembre 1933]